Reportage da Lesbo: Il Cimitero dei Gommoni
Se
siete dei lettori di questo blog, probabilmente già saprete che ho passato una
settimana di “vacanze solidali” con la Comunità di Sant’Egidio sull’isola greca
di Lesbo, compiendo attività di supporto ai migranti, prevalentemente provenienti
da Siria ed Afghanistan, ospitati nel campo profughi di Moria.
CIMITERO DEI GOMMONI
CIMITERO DEI GOMMONI
Al termine della settimana, in compagnia sia degli altri
volontari italiani sia di un gruppetto di rifugiati afghani, diciamo “residenti
stanziali” sull’isola e nostri validissimi aiutanti durante la settimana di
lavoro, abbiamo visitato quello che viene chiamato il cimitero dei giubbotti, un
luogo che a mio parere tutti una volta nella vita dovrebbero visitare. Provo a
raccontarvi alcune sensazioni, accompagnando il tutto con alcune fotografie che
aiutano a capire il contesto.
CASTELLO DI METIMNA
CASTELLO DI METIMNA
Metimna (anche se i locali continuano ad usare il nome
bizantino di Molyvos) è una gradevole cittadina ricca di storia (vi si trovano
reperti romani nonché un castello medioevale) posta sull’isola di Lesbo in Grecia.
Effettivamente, guardandola con gli occhi del turista, si resta piacevolmente
colpiti da un mare splendido e da panorami mozzafiato, che vagamente possono
ricordare lo Stretto di Messina visto che ad un paio di kilometri dalla costa
greca si trovano le coste della Turchia.
PANORAMA DALLA DISCARICA
PANORAMA DALLA DISCARICA
Molyvos (da qui in poi la chiameremo col nome locale) è però
anche il punto dove le coste asiatiche della Turchia sono più vicine a quelle
europee della Grecia, quindi questo stretto braccio di mare è divenuto negli
anni il luogo dove avvengono la maggior parte degli sbarchi dei migranti. Proprio
su una collinetta appena sopra il paese è nata in origine una discarica dove
vengono raccolti i giubbotti di salvataggio abbandonati dai migranti appena
sbarcati sull’isola.
SPIAGGIA DI MOLYVOS
SPIAGGIA DI MOLYVOS
Oggi il luogo è diventato una sorta di memoriale degli
sbarchi (durante la nostra visita, abbiamo incontrato un gruppo di americani
che sostengono i rifugiati tramite lo Yoga ed altre pratiche sportive), ma
l’origine di tale luogo è puramente “organizzativa”: gli abitanti dell’isola,
specie in questa zona dove è sviluppato il turismo, volevano nascondere dagli
occhi dei visitatori le immagini che ricordano il dramma della immigrazione. Da
quello che ci hanno raccontato, in questa zona è presente una forte componente
di Alba Dorata (il partito neofascista greco) che come potete immaginare non
vede di buon occhio gli sbarchi dei migranti.
CIMITERO GOMMONI 2
CIMITERO GOMMONI 2
A “scoprire” questo memoriale ci hanno pensato due inglesi,
Eric e Filippa, una coppia di artisti che aveva scelto Lesbo come “buen ritiro”
per le proprie attività ma che poi, toccati dal dramma degli sbarchi, hanno
messo su una associazione dal nome “Project Hope” che in forme diverse cerca (e
ci riesce eccome! Vi parlerò delle loro attività in un successivo articolo) di
portare sostegno agli “ospiti”, si fa per dire, del campo profughi di Moria.
ERIC E FILIPPA SALVANO MIGRANTI
ERIC E FILIPPA SALVANO MIGRANTI
Vi propongo un breve estratto del reportage di Daniele Biella
per “Vita”, che ben spiega le sensazioni di chi visita il "Cimitero dei
Gommoni":
“Eric Kempson mi porta
sul rilievo montagnoso che si eleva alla costa, in un luogo tanto significativo
da lasciare senza fiato e parole: il cosiddetto cimitero dei life jackets.
Migliaia, anzi decine di migliaia, di giubbotti di salvataggio ammassati uno
sopra l’altro, tolti nel tempo dalle spiagge dai volontari e posizionati in
questo fazzoletto di terra. A presente memoria, più che futura. Eric riprende:
Tutti dovrebbero venire
a vedere questo posto. È assurdo, e se ti metti a fare il calcolo della spesa
che ogni persona ha dovuto sborsare per un giubbotto – almeno 100 dollari – e
un passaggio – dai 500 dollari in su – impazzisci, perché ti rendi conto del
guadagno dei trafficanti. Poi pensi a quante di queste persone sono rimaste
senza vita in mare, e sprofondi.”
A SINISTRA LA GRECIA, A DESTRA LA TURCHIA
A SINISTRA LA GRECIA, A DESTRA LA TURCHIA
Personalmente, la visita al memoriale ha lasciato sensazioni
contrastanti. A rendere surreale il tutto c’è il contrasto tra la bruttezza
della discarica e la bellezza del panorama circostante, basta fare qualche
passo ed oltre ad ammirare uno splendido panorama si notano ville con piscina e
resort eleganti. Allo stesso tempo, come non pensare a chi non ce l’ha fatta, a
chi, si pensi al piccolo Alan Kurdi (il bambino con la maglietta rossa, simbolo
del dramma delle migrazioni), quel breve tratto di mare non è riuscito ad
attraversarlo? Un mare che faceva venire voglia di fare un tuffo, un bacino che
dovrebbe essere luogo di ristoro, che diviene una tomba per chi cercava un
futuro migliore.
Camminando nella discarica, ci siamo imbattuti in una gamba
di legno, a misura di adolescente. Chissà, un bambino saltato su una mina in
Afghanistan, poi scappato dalla guerra coi genitori, per arrivare, si spera,
nel campo profughi di Moria. Ce la avrà fatta? Sono domande che restano senza
risposta, ma che dovrebbero spingere ognuno di noi a fare il possibile per evitare
simili tragedie. Ci sono le Istituzioni ed i Governi, (che potrebbero
incentivare ad esempio il sistema dei Corridoi Umanitari), ci sono le
organizzazioni preposte, ma questo non vuol dire che ognuno di noi non possa
dare il proprio piccolo o grande contributo per rendere il mondo un luogo più
umano ed accogliente.
Mario Scelzo
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