Reportage da Lesbo: prima della partenza

Lesbo è un’isola greca situata nell’Egeo nordorientale, di fronte alle coste della Turchia, famosa per aver dato i natali nel VII secolo A.C. ai poeti lirici Alceo e Saffo. In tempi più recenti però l’isola è diventata tristemente famosa all’opinione pubblica internazionale in quanto qui si trova il centro per migranti più grande d’Europa, quello di Moria, visitato anche da Papa Francesco nell’Aprile del 2016. 





L’Isola di Lesbo, naturalisticamente molto bella, si è di fatto trasformata in una prigione a cielo aperto per oltre 10mila profughi qui presenti da mesi se non da anni; Lesbo simboleggia il fallimento delle politiche dell’Unione Europea, incapace di gestire con lungimiranza e visione un fenomeno indubbiamente complesso come quello migratorio.





Sarò nell’Isola con alcuni amici e volontari della Comunità di Sant’Egidio dal 20 al 28 Luglio (altri di noi garantiranno una presenza per tutto il mese di Agosto) e prima di partire ho pensato di condividere con i lettori di queste pagine alcune riflessioni sull’argomento. Per chi ne avesse voglia, sempre su questo blog proverò a tenervi aggiornati sulle nostre attività durante il periodo di permanenza a Mytilene, capoluogo dell’Isola.

Andiamo con ordine. Lesbo, insieme ad altre isole dell’Egeo, fino a pochi anni fa era una tappa del viaggio dei profughi asiatici verso l’Europa. Partenza dall’Afghanistan, Iran, Iraq, oppure dalla Siria, per poi arrivare in Turchia, e da lì, dalle coste asiatiche dell’Anatolia, provare a raggiungere le isole greche, e quindi europee, visibili ad occhio nudo dalla Turchia. Non lontano da Lesbo è avvenuta la morte del piccolo Alan Kurdi, il bambino della maglietta rossa: suo padre aveva pagato varie migliaia di euro (il traghetto per chi ha i documenti costa meno di 50 euro…) per un viaggio su un gommone per lui e la sua famiglia, sappiamo tutti purtroppo come è andata a finire. In ogni caso, si calcola che nel 2015, anno del picco migratorio, siano sbarcati in Grecia (ed una metà di loro si presume sia passato da Lesbo) 850 mila persone; Successivamente all’accordo tra Unione Europea e Turchia (divenuta di fatto una sorta di frontiera dell’Europa) i numeri sono rapidamente calati, 175mila nel 2016 e circa 30.000 negli anni 2017 e 2018.





Nonostante su Lesbo sia diminuita l'attenzione dell'opinione pubblica europea, ancora oggi l’isola dell'Egeo ospita il più grande centro d’accoglienza per migranti d’Europa, quello di Moria, e le condizioni di vita di chi ci vive restano difficilissime. Secondo un recente rapporto dell’ONG Oxfam, il sistema di accoglienza greco non consente di valutare in maniera adeguata la vulnerabilità dei migranti e dunque non garantisce la protezione adeguata per le categorie più deboli come donne incinte, minori non accompagnati, madri con neonati. Questa situazione, secondo Oxfam, dipende principalmente dalla carenza di personale e dall’utilizzo di procedure “semplificate” a seguito dell’accordo Ue/Turchia.

Oltre a questo, il sovraffollamento dei centri di accoglienza determina condizioni igienico-sanitarie scarse e rischio di malattie. In particolare, nei mesi invernali il campo ha sofferto di inadeguato riscaldamento, con una condizione ambientale spesso sotto gli zero gradi e con sistemazioni spesso costituite da tende.
Tali condizioni determinano poi un rischio molto alto per la salute e l’incolumità delle persone ospitate: secondo il Comitato Internazionale di Soccorso, il 64% degli assistiti soffre di depressione e il 29% ha provato a togliersi la vita.





Se l’Europa è incapace di trovare una risposta (anche se vanno segnalati i tanti volontari e le tante associazioni che si adoperano per portare soccorsi ed “umanità” sull’isola greca), lo stesso non si può dire della Chiesa Cattolica. Papa Francesco ha visitato il campo profughi di Moria nell’Aprile 2016 insieme al Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo ed al Vescovo Ortodosso di Atene Hieronymos, ed al termine di questa toccante giornata ecumenica ha riportato col suo aereo a Roma 12 profughi accolti dalla Comunità di Sant’Egidio attraverso il canale dei Corridoi Umanitari. ““Noi andiamo ad incontrare la catastrofe umanitaria più grande dopo la Seconda Guerra mondiale”, aveva dichiarato Bergoglio, il quale più volte anche recentemente ha ricordato il dramma dei profughi, e soprattutto ha inviato nello scorso mese di Maggio Padre Konrad, il suo elemosiniere, per rinnovare la vicinanza ai rifugiati ospitati nel campo di accoglienza.

Ecco, la missione di Sant’Egidio si muove in continuità con la visita del Papa e con quella di Padre Konrad. Cosa faremo? Porteremo conforto materiale ai profughi (abiti, medicine, sostegno alimentare ma anche supporto “burocratico” e legislativo per quanto possibile), ma soprattutto cercheremo di far arrivare sull’isola il volto bello dell’Europa della accoglienza, quello ad esempio che abbiamo visto pochi giorni fa a Lampedusa, nel sorriso che si scambiano felici un ufficiale della Guardia di Finanza ed un batuffolo nero, ovvero il “pericoloso clandestino” da poco salvato dalle onde del mare.

Mario Scelzo

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