Non si può fermare un sorriso

Se ho imparato qualcosa in questa settimana è che nulla può spegnere il sorriso dei bambini, la loro forza di adattamento permette loro di superare ogni situazione, anche quella più drammatica. E se c'è qualcosa che mi porterò dietro da questi giorni a Lesbo è che chi fa sorridere un bambino salva il mondo intero.





Scrivo al termine di una giornata di lavoro (quindi scusate ortografia e sintassi), mi siedo al Pc stanco ma felice, con la consapevolezza di aver compiuto qualcosa di buono.
Come forse saprete, sono a Lesbo insieme ad altri volontari della Comunità di Sant'Egidio per realizzare alcune attività di supporto ai migranti del campo profughi di Moria, che attualmente ospita oltre 7.000 persone.





Venendo qui, uno la sera potrebbe tornare nella sua stanza e poi nella sua città con dei sentimenti di rabbia per le tante, troppe ingiustizie a cui sono sottoposte delle persone che, come noi, cercano di costruire dignitosamente il proprio futuro magari portando via i figli o i genitori dall'inferno della guerra. L'Europa, l'Onu, le guerre, i trafficanti, qui, sintetizzo, si vede plasticamente la forza del male in tutte le sue forme, eppure tutto sembra "risolversi" quando vedi i bambini attorno a te sorridere, giocare sereni circondati da persone amiche.





Da circa una settimana, ogni sera mettiamo attorno al tavolo 200 se non come stasera 300 persone, provenienti dalla Siria o dall'Afghanistan, come dalla Nigeria o dal Congo, ed è bello vedere ogni sera il miracolo di facce spente che ritrovano il sorriso. Seduti comodamente a tavola, ben apparecchiata, è più facile confidarsi e raccontare la propria storia, quella che spinge a rischiare la vita per raggiungere l'Europa. Colpisce poi la voglia di restituzione che hanno tanti profughi, i quali da serviti divengono servitori e ci aiutano nelle incombenze pratiche, in un miscuglio di razze e di ruoli.





Vedo giocare i bambini, "gli invasori" secondo la retorica corrente, ed onestamente li vedo ridere o piangere come fanno i miei nipoti e come faranno un domani spero i miei figli. Vedo i volti dei volontari, sia i nostri di Sant'Egidio sia quelli di altre associazioni qui operanti, magari stanchi per il lavoro (non è semplice cucinare per 300 persone!), ma allo stesso tempo brillanti di gioia, soddisfatti di aver portato qualche goccia di umanità in un mare di dolore.

Non mi dilungo, scrivo solo il mio desiderio. Vorrei che, in futuro, quando magari i bambini cresciuti nel campo saranno adulti inseriti nelle nostre società, si ricorderanno non dei topi e del filo spinato, non delle privazioni di una vita in tenda, ma del tempo passato a giocare spensierati, anche in un piazzale desolato ma abbellito dalla forza dell'amicizia.

Buonanotte da Lesbo.

Mario Scelzo


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