Breznev e il Manciola (quinta puntata)
Piazza Rossa, freddo pungente, Tomassino imbacuccato nel suo
cappotto si guarda attorno ammirato e parla coi suoi compagni di viaggio, nel
primo giorno del suo viaggio premio nella capitale sovietica. E’ il 5 marzo 1971, e Tomassino si trova a
Mosca insieme ad altri 20 “privilegiati”, invitati dal Partito Comunista in
viaggio premio per ammirare da vicino la grandiosità e le meraviglie della
terra madre del comunismo.
Tomassino, fedele lettore de l’Unità e, lo ricordiamo,
colonna della sezione del Pci ”Antonio Gramsci” di Tor Lupara, è stato estratto
a sorte tra i lettori del giornale del Partito ed ha vinto l’occasione di
partecipare a questo viaggio premio. La compagnia è variegata: sindacalisti
della Cgil, delegati provinciali, un consigliere regionale in carica, un
importante membro del direttivo nazionale. La curiosità è tanta, Mosca è per
tanti militanti una suggestione, un sogno, ma le notizie che arrivano sono
frammentarie e confuse, in televisione poi manco a parlarne, oltre a qualche
“cartolina” nulla si conosce della realtà sovietica. Dieci giorni, tutto
organizzato e spesato, per visitare le meraviglie artistiche del paese, ma
anche le fabbriche, i centri di produzione, i luoghi simbolo
dell’internazionale socialista.
I 20 “prescelti”, era un onore ed un privilegio essere
invitati a Mosca in quegli anni, sono tutti rigorosamente fedeli alla linea del
partito, eppure qualcuno in Russia si era particolarmente informato su
Tomassino… che come ricorderete (vi consiglio di rileggere la PRIMA PUNTATA del
romanzo) aveva espresso qualche perplessità sull’invasione sovietica della Cecoslovacchia.
Prima sera, cena di gala offerta in onore dei delegati
italiani. Discorso e saluti introduttivi di Fedor Borisov, membro del
Politburo, buon cibo, vino italiano ma anche tanta vodka. Poi, nell’ampio
salone, iniziano le danze. Tomassino, uomo gradevole e simpatico ma
indubbiamente non bello come un divo del cinema, resta abbastanza stupito
quando vede avvicinarsi Olga per invitarlo a ballare. Alta, almeno 20
centimetri più del nostro eroe, bella, fisico da modella, lo invita a ballare. Ora non è che Tomassino disdegnasse
la compagnia femminile, anzi… ma ecco non vorrebbe creare un incidente,
compiere qualche azione considerata offensiva di fronte a così importanti
invitati… quindi… imbarazzato…declina l’invito. Poco dopo però ad avvicinarsi a
Tomassino è una specie di armadio a due ante, una sorta di Ivan Drago (il
pugile rivale di Rocky Balboa) in smoking, e con fare risoluto “invita”
Tomassino a ballare con Olga. A questo punto non può rifiutare.
Sarà stata la simpatia, dote innata di Tomassino, saranno
state le (numerose) vodke, sarà stata la magia della serata, pur parlando due
lingue diverse, tra i due scatta una improvvisa attrazione, così quando la
delegazione italiana se ne torna in albergo, sul pullman c’è un posto vuoto.
Tomassino troverà “ospitalità” tra le braccia di Olga, ed a dirla tutta si
scorderà del tutto per qualche giorno il motivo primario della visita in Unione
Sovietica.
Ovviamente la delegazione italiana si rende conto che una
persona risulta assente, ma la controparte sovietica fa sapere che tutto è a
posto, Tomassino ha avuto un piccolo problema di stomaco ed è ricoverato per
qualche accertamento, non vi preoccupate penseremo a tutto noi e vi daremo
notizie.
La delegazione italiana nel frattempo visita alcune
fabbriche, e per la verità di nascosto qualche operaio lascia dei biglietti
anonimi lamentando le dure condizioni di lavoro, viene portata in visita a
campagne e granai ed anche lì.. si intuisce che la realtà sovietica non è così
perfetta come viene raccontata.
Si torna a Roma.
“Tommà, com’era sta Russia dicce mpo’”, chiede il Manciola al
suo amico.
“Manciò, che ti devo dì… io non è che ho visto chissà quante
cose… ho avuto diciamo così un…. Imprevisto…”.
Tomassino, anche con una punta di orgoglio, mostra all’amico
la foto con dedica ricordo della settimana passata con Olga, che, va detto, si
era veramente appassionata di quest’uomo buffo ma simpatico, galante ed
affascinante, sempre allegro e sorridente. Il Manciola, pur se contento, sente
che sotto sotto qualcosa non torna nel racconto dell’amico. Fa qualche domanda
in giro e… scopre la verità.
“Tommà te devo di na cosa amico mio”
“Dimme”
“Te ricordi de quanno io e te al chioschetto del Bar Rossi
abbiamo condannato l’invasione della Cecoslovacchia?” Insomma qualcuno ste parole le ha dette in giro… e tu
a Mosca eri “sotto controllo”.
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