Il Muro di Berlino, le Torri Gemelle ed il Coronavirus
Chi, come me, è nato negli anni 80, ha assistito a due grandi
mutamenti di scenario geopolitico: il crollo del Muro di Berlino nel 1989 e la
caduta delle Torri Gemelle nel 2001. Contestualmente, noi della Generazione Y,
abbiamo vissuto i cambiamenti apportati alle nostre vite dall’avvento di
Internet. Non siamo nativi digitali come i millennials, ma fin dall’adolescenza
ci siamo confrontati con le potenzialità ed i pericoli della rete.
La fine della contrapposizione Usa/Urss ha in qualche modo
determinato l’avvento della società capitalistica su scala mondiale ed ha
aperto le porte alla globalizzazione, mentre il crollo delle Torri Gemelle ha
creato un nuovo nemico, quello del terrorismo fondamentalista, più subdolo e
meno facile da controllare. Faccio un esempio banalissimo, quando andavo al
liceo, tra il 1994 ed il 1999, attraversavo tranquillamente Piazza San Pietro
senza dover effettuare nessun controllo, oggi per entrare in piazza è
necessario passare sotto i metal detector, sotto l’occhio attento delle forze
dell’ordine. Non mi dilungo, sapete di cosa parlo.
Bene, ritengo che l’emergenza Coronavirus attualmente in
corso di svolgimento possa rappresentare un momento di cambiamento sociale,
culturale ed antropologico ancora maggiore di quello derivato dal crollo del
Muro di Berlino e da quello delle Torri Gemelle, ed in qualche modo ognuno di
noi ha la possibilità di incidere per far sì che questo cambiamento sia
migliorativo e non peggiorativo delle nostre vite. Provo a spiegarmi,
concentrando la mia attenzione su tre fattori: relazioni umane, sanità,
controllo delle frontiere.
Il Coronavirus ci colpisce nel pieno sviluppo delle
potenzialità della Rete, ma allo stesso tempo ci ricorda che lo scopo della
nostra vita è costruire legami reali e non virtuali. Non è mia intenzione
demonizzare la rete, anzi, pensate a questi giorni di isolamento senza
l’esistenza di Internet, sarebbero stati ancora più duri. Le nuove tecnologie
sono poi anche utili per la ricerca, consentono di continuare l’attività
didattica, garantiscono a molti professionisti la possibilità di continuare a
lavorare, eppure IL VIRUS CI RICORDA IL VALORE DEI LEGAMI, DEGLI AFFETTI,
DELL’AMICIZIA. Ognuno di noi in questi giorni sente la mancanza di qualcuno,
che sia il fratello, lo zio, l’amico di infanzia, il collega di lavoro, ognuno
di noi si sta rendendo conto di quanto la nostra vita sia l’insieme di alcuni
legami profondi, come quelli affettivi, ma anche di quello scambio quotidiano,
le chiacchiere da bar che tanto ci mancano.
Inoltre, il virus ci sta in qualche modo ricordando la
necessità di preservare i più fragili, gli anziani soli negli istituti, i senza
fissa dimora, le persone immunodepresse, coloro che a tutti i costi devono
evitare di entrare a contatto con il virus.
Quando tutto questo finirà, investiamo ogni secondo del
nostro tempo nella costruzione di legami concreti, affettivi, profondi. Per
qualche giorno, stacchiamoci dalla rete ed abbracciamo le persone a noi care, e
ricordiamoci che siamo tutti figli della stessa terra.
L’emergenza Coronavirus ci ricorda il valore e l’importanza
della Sanità pubblica, se l’Italia in qualche modo non sta sprofondando è
grazie alla bontà ed alla gratuità del proprio sistema sanitario, una ancora di
salvataggio in questi giorni di tempesta. Certo, oggi ci appare chiaro (ma non
mi dilungo, tanti ne hanno parlato in questi giorni) che i tagli al sistema
sanitario e la chiusura dei piccoli ospedali avvenuti negli ultimi anni siano
stati un grave errore, ma, nel bene o nel male, la nostra sanità è un modello
funzionante e che tanti paesi ci invidiano. Pensate agli Stati Uniti, che in
questi giorni stanno faticosamente provando ad organizzare un qualcosa che
vagamente ricordi il nostro sistema sanitario, che non dimentica nessuno, e
consentitemi un pubblico elogio ai medici ed agli infermieri che stanno dando
in questi giorni vera prova di eroismo.
E’ l’epoca dei muri, del sovranismo, del prima gli italiani e
dell’America First, ma il virus, scusate il francesismo, se ne fotte di ogni
frontiera e tranquillamente le oltrepassa. Quello che voglio dire è che l’uomo
potrà costruire tutti i muri del mondo ma ormai la nostra è una società
interconnessa, fatta di scambi, incontri e relazioni tra persone di tutto il
mondo. Piaccia o no, è così, ed allora abbattiamole queste frontiere, proviamo
a costruire un mondo in cui tutti siano fratelli perché abitanti dello stesso
pianeta.
Che questo maledetto virus possa trasformarsi in una opportunità
per migliorare le nostre vite.
Mario Scelzo
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