I Corpi Civili di Pace. Una piacevole novità.
Grazie
all'emendamento alla legge di stabilità (n. 147/2013, art. 1 comma 253)“ per il triennio 2014-16, suddivisi equamente
per ciascun anno, vengono stanziati 9 milioni di euro per «l’istituzione di un contingente di corpi civili di pace, destinati
alla formazione e alla sperimentazione della presenza di 500 giovani volontari
da impegnare in azioni di pace non governative nelle aree di conflitto o a
rischio di conflitto o nelle aree di emergenza ambientale».
Per la
prima volta in Italia, su iniziativa dell’onorevole di Sel Giulio Marcon, lo
Stato riconosce e sostiene la creazione dei “Corpi Civili di Pace”; il suo emendamento (chiedeva 60 milioni in tre
anni), dopo un’iniziale bocciatura in Commissione Bilancio, è stato ridotto
nell’importo ma fatto proprio dal Governo.
Spiega Marcon: «Corpi
Civili di Pace, si tratta del nome dato a diverse esperienze che favoriscono la
costruzione della pace, come il monitoraggio elettorale, la vicinanza a leader
di minoranze perseguitate, la diplomazia dal basso tra comunità diverse, forze
di peacekeeping e interposizione nonviolenta in caso di conflitti, aiuti
umanitari, attività di riconciliazione. Tutte attività svolte da civili
disarmati ma adeguatamente formati, a cui si riconosca il ruolo di Operatori di
Pace».
Si tratta del riconoscimento a livello legale
di realtà di fatto già esistenti ed operanti nel cosiddetto Terzo Settore, ed
in fondo il riconoscimento è una vittoria dei movimenti pacifisti che si vedono
riconosciuto il loro ruolo di pacificazione. Iniziative di questo genere sono
parte della storia del pacifismo italiano fin dagli anni ‘80, in particolare
nell’ex Jugoslavia, in Palestina e in America Latina.
Nel dicembre 1992, la “Marcia dei 500”, guidati
dai vescovi Tonino Bello e Luigi Bettazzi, rompe l’assedio a Sarajevo e,
contemporaneamente, si rafforzano gruppi di giornalisti delle diverse etnie che
rifiutano la violenza nazionalista. È lo spirito con cui, per esempio, nei
Balcani continuano ancora oggi le attività dei Caschi Bianchi e dell’Operazione
Colomba, il Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII.
Nel 1989-90, l’iniziativa Time for Peace porta a Gerusalemme 1500 pacifisti che
organizzano una grande catena umana lungo le mura, incoraggiano i pacifisti
locali, sostengono le scuole dei piccoli villaggi e gli obiettori di coscienza
israeliani.
Saranno volontari tra i 18 e i 28 anni a partire e verranno impiegati in
azioni di pace non governative soprattutto in aree a rischio conflitto o in emergenza sociale o ambientale. Questo tipo di
figura esiste già in altri Paesi: Germania, Stati Uniti, Argentina e Albania. I
giovani saranno impiegati in aree d'intervento a "sostegno a processi di
democratizzazione, supporto alle capacità della comunità, monitoraggio del
rispetto dei diritti umani, attività umanitaria, anche con rifugiati e
profughi, educazione alla pace e sostegno alla popolazione civile in situazioni
di emergenza sociale e ambientale”.“
A livello europeo, la Commissione e il Parlamento stanno riflettendo su come promuovere questi interventi. In Germania, un apposito Servizio Civile di Pace è già stato istituito dal 1999 e quasi tutti gli altri paesi dell’Ue finanziano interventi di peacebuilding dell’associazionismo e delle chiese tramite fondi della cooperazione. Secondo Marcon, «sarebbero auspicabili dei corpi europei. Va sottolineato, come è presente nella riflessione europea ma non in quella della Nato, che l’intervento civile va tenuto assolutamente indipendente da quello militare, non deve essere subalterno.
Va
sottolineato che il finanziamento non è molto sostanzioso, ed i Corpi Civili di
Pace nascono in fondo in via sperimentale, il nostro augurio è che tale
attività possa negli anni diventare una costante e che si possano trovare altri
finanziamenti per rendere stabile la volontà di aiutare la costruzione della
pace nel mondo.
Come
ultima considerazione, se da un lato viene riconosciuto il valore delle
organizzazioni operanti nel settore, lo Stato in qualche modo si tutela “indirizzando”
i giovani volontari presso realtà solide ed esperte. Pensiamo al caso delle due
volontarie italiane rapite e liberate in Siria (per inciso, io comunque
apprezzo la loro volontà, seppur ingenua, di darsi da fare per cambiare il
mondo, ed ho trovato veramente ingenerosi tanti commenti negativi e sprezzanti
sulla loro esperienza), che però indubbiamente si sono avventurate in un
terreno complesso senza una seria ed adeguata organizzazione alle spalle; Si può immaginare che l’esperienza dei
Corpi Civili di Pace possa incanalare, in strutture organizzate e riconosciute
dalla Farnesina, tante energie positive giovanili che spesso si disperdono in
assenza di un reale coordinamento.
Allora,,,auguri
ai futuri operatori di Pace!
Mario
Scelzo.
Commenti
Posta un commento