Breznev e il Manciola (Terza puntata)
Lunedì 4 ottobre 1957, un giorno
come tanti, un giorno speciale per Tomassino che, appena 17enne, viene assunto
dall’ENAOLI con la qualifica di impiegato amministrativo. Sede di lavoro in
Piazza Sempione a Roma, zona Montesacro.
La mattina ed il primo pomeriggio
in ufficio, poi, sempre in compagnia del Manciola, tappa fissa in sezione. Il
Manciola, 10 anni più grande e di conseguenza più esperto delle cose della
vita, si prende cura di Tomassino come un padre, quel padre appunto che
Tomassino ha perso nell’esplosione di una miniera in Belgio. La famiglia del
Manciola, originaria delle Marche, ha comprato vari terreni nelle campagne
circostanti e sta faticosamente provando a farne terreni coltivabili. Non una
famiglia benestante, ma insomma una situazione leggermente migliore di quella
di Tomassino, che spesso trova ospitalità ed il calore di una famiglia in casa
del suo caro amico.
12 Marzo 1959, Roma, partenza da Piazza della Repubblica ed arrivo a Piazza San Giovanni in Laterano, “battesimo” per Tomassino, per la prima volta presente ad una manifestazione, quella per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici. A fronte di una richiesta di aumento di 10 lire, il Governo in accordo con Confindustria ha proposto un aumento di 3 lire. Clima teso, tanta polizia, qualche fumogeno, alcuni spintoni che per fortuna non degenerano in nulla, ma tanti slogan, come “Lotta dura senza paura!” e soprattutto un imponente ed organizzato servizio d’ordine interno. Tomassino si sente felice in mezzo alle bandiere, alla folla dei manifestanti, al corteo che compatto marcia verso San Giovanni. Le parole del Segretario Agostino Novella, che chiede aumenti salariali ma soprattutto maggiore dignità per gli operai, infiammano la piazza.
“Tommà, ma tu, te la senti di fare sindacato dentro l’Enaoli?”
“Antò, io…certo quelli m’hanno
aiutato, ma so tante le cose che non vanno bene, i dirigenti c’hanno la pancia
piena, e noi appena ce campamo con lo stipendio”
“Tommà, vai, che tu c’hai la
parlantina e la faccia tosta, fatte rispettà”.
Ventidue anni e poco più, il
nostro eroe inizia la propria attività sindacale all’interno dell’Enaoli. Ora,
ovviamente non esisteva nessun divieto, ma… pian piano Tomassino si rende conto
di avere attorno a sé un contesto non amichevole, se non addirittura ostile.
Prima conquista sindacale, un contributo aziendale alle spese di trasporto,
l’azienda rimborserà il 50% del costo dell’abbonamento tramviario ai dipendenti
che ne faranno richiesta. Poi, la richiesta di un presidio minimo sanitario a
favore dei dipendenti. Piccoli ma significativi successi, ma qui e là il
protagonista della nostra storia sente dire tra i suoi colleghi frasi del tipo
“ma come questi ci danno un lavoro e noi invece di ringraziare facciamo
questioni?”, oppure “eh ci mancavano solo i comunisti qui dentro…”. Diciamolo
senza giri di parole, dichiararsi orgogliosamente comunista in un ente creato
da Fanfani, guidato da dirigenti rigorosamente democristiani, sempre presenti
alla messa della domenica, attivi nell’Azione Cattolica o nelle Acli, insomma,
nessuna censura, ma “c’è tanta gente che cerca lavoro e noi ci dobbiamo tenere
un bolscevico in casa? Ma questo dove si crede di essere, mo gli facciamo
passare la voglia di alzare la voce”.
Pian piano Tomassino comincia a diventare famoso (Tomassino de Tor Lupara il suo nome di battaglia), sia all’interno dell’Enaoli sia all’interno della Sezione del PCI, anzi addirittura la sua “fama” inizia a circolare tra le sezioni dei Castelli Romani, della zona Est di Roma, di Monterotondo, Guidonia e dintorni. Spirito battagliero, parlantina fluida, piglio decisionista, allo stesso tempo sempre “fedele” alla linea del Partito, all’epoca fortemente allineato alla politica del Cremlino.
Tutto procede regolarmente fino al 15 giugno 1964. Un biglietto sulla scrivania, “Fermati o saranno guai”. Tomassino fa finta di nulla e continua la sua battaglia in corso, quella per un aumento salariale dignitoso. Le trattative riprendono dopo una pausa estiva, fino a che, il 4 ottobre dello stesso anno, stavolta né biglietti né messaggi, ma la scrivania bruciata e le gomme bucate alla 126 che faticosamente era riuscito a comprare.
“Tommà, damme retta, mo qualche
giorno statte bono, statte a casa, nun fa casino, poi pian piano se sistema
tutto.”
“Oh io te do retta ma nun pensà
che mollo eh!”
La notizia di questo sabotaggio non tarda a girare all’interno dell’Enaoli, e molti dipenenti, la maggioranza, anche molti non comunisti, firmano una lettera di solidarietà. In pochi giorni, si chiude la trattativa con l’azienda e si raggiunge un accordo dignitoso, e pian piano il clima torna a farsi più sereno.
Mario Scelzo
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