Breznev e il Manciola (Quarta puntata)

Per arrivare da Reggio Calabria a Joppolo, nel 1942, occorrevano 4 ore di viaggio in corriera. L’ospedale più vicino (oltretutto accompagnato da una pessima fama) si trovava a “sole” due ore di distanza, a Vibo Valentia. E’ proprio a Joppolo, comune di poco più di mille abitanti che si affaccia sul Mar Tirreno, che nasce Aurora, la protagonista di questo capitolo, la cui vita successivamente si incontrerà con quella di Tomassino.

Un borgo di pescatori, molti contadini a lavorare nelle terre circostanti, tanta povertà e molta “reverenza” verso quelle tre o quattro famiglie che a Joppolo fanno il bello ed il cattivo tempo. La famiglia di Aurora nel 1948 decide di intraprendere il viaggio di tanti, quello che dalla Calabria li porta a stabilirsi nella Capitale. Aurora cresce nella Roma del primissimo dopoguerra, in una famiglia umile ma tutto sommato benestante per i canoni dell’epoca, un nucleo che mantiene solidi legami con la terra di origine.



Ogni estate, dopo un viaggio di oltre 10 ore, Aurora si ricongiunge con i nonni, gli zii ed i cugini, e passa le sue prime estati spensierate tra un bagno e l’altro nelle splendide spiagge di Grotticelle e Ficara. Certo, la sera poi bisogna aiutare dentro casa, certo a volte si passa tutta la giornata nei campi per la semina o il raccolto, certo la casa non è che abbia tutti i confort, i bambini piccoli dormono due o tre nello stesso letto, ma tutto sommato la vita scorre tranquilla.

A Roma però Aurora inizia ad accorgersi che il mondo è grande. I monumenti, le mostre dei pittori che le piacciono tanto, abiti di marca ed una maniera diversa di vestire, tagli di capelli “azzardati”; più Aurora cresce, più, pur mantenendo un legame affettivo col suo paesello calabrese, inizia a rendersi conto che la vita a Joppolo è limitata, come chiusa in una bolla di arretratezza, e pur essendo ancora ragazza, inizia a non piacerle quell’atteggiamento eccessivamente ossequioso verso “Don Calogero” ed i suoi sodali, a cui tutto è permesso.



L’estate del 1958 segna uno spartiacque nella vita di Aurora, che ormai 16enne “scende” per le vacanze estive. La nonna è perentoria, senza fare tanti giri di parole le dice che è stata promessa sposa a Costantino, suo cugino di secondo grado. I due si conoscono da anni, ed a dire la verità Costantino ad Aurora sta anche simpatico, in fondo in fondo non le dispiace, a sua cugina Michela è toccata sorte peggiore, ha dovuto sposare Oreste, invalido di guerra, in fondo in fondo potrebbe anche accettare… però… lei sente di avere ancora tutta la vita davanti, e si rende conto che accettare quel matrimonio vorrebbe dire, contestualmente, passare a Joppolo il resto della vita, in casa a crescere i figli e/o accudirsi dei genitori anziani.

Aurora pensa alle lunghe passeggiate a Via del Corso o Via Veneto, a quel quadro di Caravaggio (La chiamata di Levi) che ha visto nella chiesa di San Luigi dei Francesi, pensa alle bancarelle di Piazza Navona, pensa alle “luci della città”. Studentessa modello, si divora un libro dietro l’altro, sogna un giorno di viaggiare e di vedere Parigi, Berlino, New York, di lavorare nel campo nella moda o nella redazione di un grande giornale. L’idea di passare il resto della vita a Joppolo la rende triste, e dopo aver ascoltato le parole della nonna, per qualche giorno si chiude in camera a piangere.

Una mattina, esattamente il 12 agosto, si arma di coraggio e prende una decisione, quella di scappare, di tornare a Roma senza dirlo ai genitori. Confida questa decisione solo a Rosa, la sua amica più cara, e le dà il compito di dirlo alla famiglia, ma solo… a fuga avvenuta.

Corriera da Joppolo a Vibo Valentia. Treno regionale fino a Cosenza. Treno “veloce” da Cosenza a Roma, una mela in tasca, solo una borsa leggere con pochi vestiti, poi a Roma a piedi dalla Stazione fino a Montesacro, a casa di una zia, la quale pur spaventata la accoglie e le offre riparo. Una telefonata a casa….urla….pianti….minacce….ma ormai la decisione è presa: vivrà a Roma.

E Tomassino? Ne parleremo nella prossima puntata.

 

Mario Scelzo

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