Pranzo Siriano a Frosinone


Come promesso ai nuovi lettori di Palla Break, su questo blog ci sarà sempre uno spazio dedicato alle Buone Notizie, quella che mi accingo a raccontarvi è di fatto la prima Good News del mio nuovo Blog. Per usare un motto, meno FAKE NEWS, più Buone Notizie.





Sabato scorso sono stato a Frosinone ed ho gustato un tipico pranzo siriano. Direte voi, ha aperto un ristorante etnico nel cuore della Ciociaria? No, anzi senza nulla togliere alla cucina siriana, la zona del frusinate è piena di ristoranti accoglienti dove poter gustare le prelibatezze ciociare, eppure il mio è stato un pranzo non solo buono, ma anche piacevole, sereno, vissuto in un clima familiare, arricchito dal profumo della solidarietà ed insaporito dal calore della accoglienza. Andiamo con ordine.

Sul Sole24Ore dello scorso 27 Marzo leggiamo: “Sono arrivati questa mattina da Beirut all’aeroporto di Fiumicino 43 profughi siriani grazie ai corridoi umanitari promossi da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle chiese evangeliche in Italia e Tavola valdese. Domani ne arriveranno altri 47. Si tratta di nuclei familiari provenienti da Aleppo, Homs, Raqqa e Edlib; oltre un terzo sono bambini. Si tratta del secondo gruppo (il primo gruppo di trenta è arrivato a fine gennaio) del contingente di 1.000 previsto dal secondo protocollo firmato lo scorso novembre tra Sant'Egidio, Chiese Evangeliche d'Italia e il governo italiano.”

La forza dei Corridoi Umanitari è quella di non “fermarsi” all’arrivo in Italia, ma di garantire ai profughi un percorso di accoglienza ed integrazione in diverse realtà del territorio italiano, ed una famiglia di 4 persone è stata appunto accolta a Frosinone, grazie ad una collaborazione tra la Caritas Diocesana (che ha messo a disposizione un appartamento nel centro storico), la Comunità di Sant’Egidio, ma anche attraverso il supporto attivo degli Scout e degli studenti e professori del Liceo Severi.





Torniamo a noi. Sabato arrivo a Frosinone, in una splendida giornata di sole, ad accogliermi trovo Alice, nella doppia veste di referente diocesana del progetto e di volontaria di Sant’Egidio, ed Anour, mediatore culturale e per l’occasione interprete dall’arabo all’italiano. Il capofamiglia, che chiameremo Omar, ci raggiunge sottocasa ed insieme a lui prendiamo l’ascensore. Un primo piacevole incontro, sale con noi una vicina di casa che, a gesti, cerca di far capire ad Omar che ha visto i suoi figli che andavano a scuola e che è contenta che si stiano integrando nel quartiere.

Arrivato a casa, mi vedo davanti una tavola riccamente imbandita, ma soprattutto, ci metto davvero poco a capirlo, mi trovo ad incontrare una bella famiglia unita, nonostante le sofferenze della guerra.
Il padre ad Homs (città che prima della guerra era un felice mix tra antico splendore ed infrastrutture moderne) era meccanico in officina e la mamma casalinga, intenta a tenere a bada i due splendidi bambini, uno di 9 ed uno di 3 anni, intenti come tutti i bambini del mondo a giocare, anche se poco dopo preferiscono farsi coccolare da Alisha, un misto tra Alice ed il nome arabo Aisha. (Va specificato che la “casalinga” è colei che ha mandato avanti il focolare in un contesto di guerra, con la famiglia costretta a scappare da una città all’altra della Siria per poter sopravvivere sotto le bombe, per poi rifugiarsi in Libano in una cantina fredda e piena di infiltrazioni d’acqua).  





In breve, ci sediamo a tavola, e come per magia sparisce ogni distanza. Tra una portata e l’altra si parla dei primi giorni di scuola dei bambini, del desiderio (che immaginiamo presto verrà esaudito) della moglie di lanciare una moneta nella Fontana di Trevi, si parla anche di calcio (Omar, suo malgrado, è tifoso del Barcellona ed ha scelto la settimana sbagliata per parlarne con me, tifoso romanista….).

Confesso che ho faticato a…tornare giornalista ed a sottoporre ad Omar alcune domande relative alla situazione siriana, si capiva che per lui era una sofferenza ritornare su argomenti delicati e complessi nel bel mezzo di un momento conviviale, tanto che concordiamo di parlare del dramma siriano solo a fine pasto.

Mentre noi adulti parlavamo, il piccolo di casa scorazzava, prendeva un pallone, si sporcava la faccia con il cioccolato, insomma quello che secondo alcuni è un “futuro terrorista”, un “invasore islamico”, si comportava esattamente come i nostri figli e nipoti, intenti a catturare l’attenzione degli zii, dei nonni e dei genitori. Il figlio più grande intanto si divertiva ad imparare nuove parole in italiano, zuccaro, caffè, mela, mele, ed entusiasta ci mostrava di saper contare da 1 a 10 nella nostra lingua.

Cos’è la guerra? Omar mi ha raccontato che quando è morto suo padre non è potuto tornare ad Homs per dargli l’ultimo saluto, e sempre il padre non ha mai visto il secondo nipote, nato quando il nucleo familiare era già in un campo profughi in Libano. Per quanto abbia più volte manifestato la sua gratitudine per quanto sta ricevendo, il suo volto diventava triste quando parlava della Siria, (Siria è il mio cuore! Ha affermato), e sarebbe ben felice un giorno di poter rivedere la sua terra, oggi martoriata.





Il male esiste, è forte, ma ancor più forte è l’opera del bene, specie se condiviso. In tanti, volontari, parrocchiani, professori, vicini, si stanno adoperando per dare una mano e per garantire alla famiglia siriana un futuro migliore. Da parte mia non mancherà occasione per visitarli e per raccontare i progressi del loro percorso di integrazione. Vorrei concludere questo racconto con le parole che Papa Francesco ha rivolto alla Comunità di Sant’Egidio in uno dei suoi incontri:

“Chi guarda il Signore, vede gli altri. Anche voi avete imparato a vedere gli altri, in particolare i più poveri; e vi auguro di vivere quello che ha detto il Prof. Riccardi, che tra voi si confonde chi aiuta e chi è aiutato. Una tensione che lentamente cessa di essere tensione per diventare incontro, abbraccio: si confonde chi aiuta e chi è aiutato. Chi è il protagonista? Tutti e due, o, per meglio dire, l’abbraccio”.

Come definire i Corridoi Umanitari, se non come un grande e caloroso abbraccio che inizia ad Homs, passa per Roma e termina a Frosinone?

Mario Scelzo.

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