Per amore del Popolo Mozambicano non tacerò.

Nei giorni scorsi si è spento l’Arcivescovo Emerito di Beira Don Jaime Goncalves, già Presidente della Conferenza Episcopale Mozambicana e mediatore nel Processo di Pace in Mozambico tra la Frelimo e la Renamo. Le fonti principali di questo articolo sono da un lato una mia diretta conoscenza del Mozambico, del suo territorio e della sua storia grazie alla mia esperienza con la  Comunità di Sant’Egidio, dall’altro l’ottimo libro di Roberto Morozzo della Rocca “Mozambico: dalla guerra alla pace – Storia di una mediazione insolita”, edito dalle Edizioni Paoline.

“Per amore del mio popolo non tacerò”, è il titolo (ispirato ad Isaia 62) del documento che Don Peppino Diana scrisse nel 1991 per chiedere ai suoi fedeli un impegno civile contro il clan camorristico dei Casalesi.
E’ proprio per amore del suo popolo, quello mite e pacifico del Mozambico, che Don Jaime Goncalves ha scelto di non tacere e di spendere la sua vita nella ricerca del Dialogo e della Pace. La sua attività di Pastore delle Anime si è intrecciata con la Grande Storia, passando dalla fine del Colonialismo alla Caduta del Comunismo, alle sfide del nuovo millennio. Vorrei provare su queste pagine a trattare un breve profilo di Don Jaime Goncalves.



Il Mozambico è stato uno degli ultimi paesi africani a raggiunge l’Indipendenza, la  ottiene dal Portogallo nel 1975 al termine di una lunga guerra di liberazione iniziata  più di dieci anni prima. Se indubbiamente la spinta finale alla indipendenza arriva dalla Rivoluzione Socialista in Portogallo e dalla scelta del nuovo Governo di concedere l’indipendenza alle colonie, nel paese è forte la coscienza della lotta di liberazione, guidata dal Frelimo (Frente di Libertacao del Mozambico). Nel 1975 abbiamo quindi un Mozambico Indipendente guidato dal Frelimo, movimento di ispirazione marxista-leninista, che vede negli esponenti della Chiesa Cattolica (in gran parte bianchi e portoghesi) un freno alla rivoluzione, un segno di permanenza del colonialista oppressore. 
E’ in questo clima anticlericale che Don Jaime, tra mille difficoltà, riesce ad ottenere l’ordinazione sacerdotale, diventando uno dei primi preti di formazione indigena. Nel 1976, in maniera quasi casuale, avviene in Italia un incontro importante, tra Don Jaime ed Ambrogio Spreafico, attuale Vescovo di Frosinone e già al tempo legato a Sant’Egidio. Don Jaime inizia a raccontare ai membri di Sant’Egidio le sofferenze sia materiali (carestie continue, povertà estrema) che spirituali (limitazioni statali alle attività del Clero) del suo Popolo, è l’inizio di una storia di solidarietà prima e di mediazione poi che porterà alla Pace in Mozambico.



Dalla fine degli anni 70 l’allora giovane Comunità di Sant’Egidio “adotta” il Mozambico, e si susseguono negli anni iniziative di solidarietà, container carichi di aiuti partono da Roma alla volta di Maputo. Ma nel 1982 c’è un momento di svolta: tramite i buoni uffici di Sant’Egidio don Jaime ottiene un primo incontro (ne seguiranno altri negli anni) con Enrico Berlinguer, carismatico leader del Pci, e sarà proprio Berlinguer ad intercedere presso il Presidente del Mozambico Samora Machel per ottenere una normalizzazione dei rapporti Stato-Chiesa. 
Va spiegato che all’epoca esisteva un forte legame tra il Mozambico e l’Italia, specie con le Regioni Rosse, in qualche modo il Pci aveva simpatia per quel giovane paese comunista ed antirazzista confinante col Sudafrica dell’Apartheid, e molte imprese italiane avevano importanti commesse nel paese. Non è questo il luogo per approfondire, rimando al libro di Morozzo della Rocca, ma la mediazione del Pci ha effetto e grazie all’interessamento del Pci la Chiesa Mozambicana conquista degli spazi di libertà ed autonomia. Sempre tramite una attività di mediazione che questa volta coinvolge Don Jaime, Andreotti e la Santa Sede avviene nel 1985 l’incontro in Vaticano tra Giovanni Paolo II e Samora Machel.
(Mi permetto di sottolineare come nella tanto disprezzata Prima Repubblica esisteva una idea dell’Italia attiva in Polita Estera e con un ruolo autorevole nelle dinamiche del Continente Africano, e questo valeva sia per il Governo sia per le Opposizioni, specie per il Pci. Al contrario, negli anni 90 l’Italia ha abbandonato il suo legame con l’Africa, e mi rallegro che l’attuale Governo Renzi stia tornando a guardare con interesse al Continente Nero. Ne riparleremo su queste pagine).



Nel 1986 Samora Machel muore in un incidente aereo in circostanze mai chiarite, c’è chi parla di “matrice” sudafricana, chi sospetta un complotto interno al Frelimo, visto che la politica marxista di Machel stava riducendo il paese alla fame. A Machel succede Joaquin Chissano, che lentamente avvicina il Mozambico alle grandi potenze mondiali, di fatto abbandona l’ideologia marxista, direi che la sua idea di socialismo e di sviluppo è simile a quella della Cina moderna, una sorta di mix tra capitalismo e socialismo.
Nel frattempo però il Mozambico, fin dalla indipendenza del 1975, è vittima di una guerra civile, tra il Frelimo (il partito della Indipendenza) e la Renamo, e Don Jaime inizia a ragionare coi suoi ormai amici di Sant’Egidio (una forte amicizia lo ha sempre legato a Don Matteo Zuppi, attuale Vescovo di Bologna) delle possibilità di contribuire a delle trattative tra le due parti in lotta.

La guerra in Mozambico ha avuto dinamiche mai del tutto chiarite, tra ingerenze dei paesi confinanti ed un quadro mondiale in via di definizione, ma quello che è certo è che diviene in breve anche uno scontro tra il Sud del paese (ed in parte anche il Nord ) legati al Frelimo, ed il Centro controllato dalla Renamo. Don Jaime, in quanto Vescovo di Beira, seconda città del Mozambico e di fatto capitale del Centro, viene considerato vicino alla Renamo. Il Vescovo ha sempre smentito ogni forma di “tifo” per alcun partito, ma è anche grazie alle comuni origini regionali che nel 1988 Don Jaime, in maniera rocambolesca e dopo un lunghissimo lavoro di preparazione, ottiene un incontro nella foresta di Gorongosa (base militare dei ribelli) con Alfonso Dhaklama, leader della Renamo, incontro nel quale Dhaklama accetta l’idea di iniziare una mediazione diplomatica e questo in sostanza  segna l’inizio di un percorso che porterà alla firma dell’Accordo Generale di Pace nel 1992 a Roma.

Dal 1990 al 1992 Don Jaime è, insieme a Don Matteo Zuppi ed Andrea Riccardi per Sant’Egidio, e Mario Raffaelli per il Governo Italiano, mediatore di una lunga, complessa e faticosa mediazione che porta al tanto desiderato Accordo di Pace.
Non ero presente, ma in tanti mi hanno raccontato la gioia incontenibile di Don Jaime, che il 4 Ottobre 1992 nella Basilica di Santa Maria in Trastevere inizia a ballare rallegrandosi per la firma dell’Accordo di Pace.



Dal 1992 il Mozambico si presenta come un paese giovane, dinamico e rampante. Al momento c’è un ritorno (si spera limitato nel tempo) della tensione tra Frelimo e Renamo, ma in questi quasi 25 anni il Paese è cresciuto a botte di Pil del 10%, crescono gli investimenti, i bambini possono andare a scuola, i giovani possono frequentare le università, Maputo e le splendide spiagge iniziano ad accogliere turisti ed investitori. Ovviamente la povertà è ancora presente, c’è la sfida della lotta all’Aids, ci sono quasi 30 anni di guerra che hanno lasciato mine e macerie, ma grazie a Don Jaime ed al suo lavoro il Mozambico vive in Pace, e la guerra per moltissimi mozambicani è un triste racconto del passato, anche grazie ad un operatore di pace come Don Jaime Goncalves.


Mario Scelzo

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