Dalla Siria a Brescello, Storia di Liberazione.
Liberazione è scappare
dalla Guerra in Siria, vivere per mesi da sfollati in Libano, e poi ricominciare
una vita nuova nella Pianura Padana. Liberazione è veder crescere i propri
figli non sotto le bombe o nel freddo di una tenda, ma nel calore di una Casa e
circondati dall’affetto di una Comunità.
In questi giorni in
Italia ricordiamo la Liberazione dal Nazifascismo, una pagina gloriosa della
nostra storia nazionale. Vorrei su queste pagine parlarvi di una nuova
avventura di Liberazione, quella operata dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla
Comunità Giovanni XXIII e dalla Chiesa Valdese attraverso i Corridoi Umanitari.
Abbiamo già parlato su queste pagine dei Corridoi Umanitari, in sintesi estrema si tratta di un
progetto-pilota, il primo di questo genere in Europa, che ha due principali
obiettivi:
1.
evitare i viaggi con i barconi nel
Mediterraneo, che hanno già provocato un numero altissimo di morti, tra cui
molti bambini.
2.
concedere a persone in “condizioni di
vulnerabilità” (ad esempio, oltre a vittime di persecuzioni, torture e
violenze, famiglie con bambini, anziani, malati, persone con disabilità) un ingresso
legale sul territorio italiano con visto umanitario e la possibilità di
presentare successivamente domanda di asilo.
Nello scorso mese di
Febbraio è arrivato a Roma il primo consistente gruppo di profughi, in
prevalenza siriani provenienti da un campo profughi libanese. I circa 100
siriani sono stati accolti in differenti strutture sparse in Italia messe a
disposizione dalle varie comunità organizzatrici della iniziativa. A distanza
di un paio di mesi dal loro arrivo, ci siamo voluti informare di come procede
il loro inserimento in Italia ed abbiamo chiesto agli amici della Comunità Papa
Giovanni XXIII (per capirci, quella fondata da Don Oreste Benzi nel 1968) di
raccontarci l’inserimento in Italia dei Profughi Siriani.
Ci scrive Mattia, un
ragazzo come tanti, studente universitario che però trova il tempo e la voglia
di rendersi utile per il prossimo; leggiamo il suo resoconto:
Mentre
scrivo, è già passato un mese e mezzo dal loro arrivo in Italia. Un viaggio
lunghissimo durato anni. In Libano il nucleo familiare, giunto nella bassa
reggiana, abitava nello stesso campo profughi in cui vivevamo anche noi di
Operazione Colomba, a Tel Abbas (Nota dell’Autore – i volontari
di Papa Giovanni XXIII erano presenti da anni nel campo profughi in Libano e la
loro conoscenza diretta ha consentito la scelta delle persone maggiormente
indicate per i corridoi umanitari; Operazione Colomba è il nome del Progetto, al
quale anche Mattia ha partecipato). La
famiglia che io seguo vive in un appartamento messo a disposizione dalla
Parrocchia di Brescello ed è composta di un padre e di una madre, delle
famiglie dei loro figli e della famiglia di un loro nipote per un totale di 21
persone. Nel nostro territorio le famiglie non vivono tutte insieme, ma abitano
in paesi differenti molto vicini fra loro (Brescello, Santa Vittoria di
Gualtieri, Bagnolo, Novellara). Il progetto è coordinato dalla Caritas di
Reggio Emilia.
In
questo mese e mezzo è stato necessario spostarsi continuamente: visite mediche,
vaccinazioni, viaggi in questura, incontri in Caritas, visite ai parenti. Per
nostra fortuna sono tantissime le famiglie che si sono rese disponibili a
portarli in giro.
Ma
l’accoglienza di queste persone è iniziata molto prima il loro arrivo in
Italia: occorreva trovare gli appartamenti e arredarli; occorrevano pentole,
coperte, indumenti e mille altre cose. Nei paesi tutti hanno portato qualcosa e
gli appartamenti, prima vuoti, ora sono fantastici. In tanti, sia appartenenti
alle realtà ecclesiali sia privati cittadini, hanno contribuito come possibile
per aiutarci a predisporre la loro accoglienza.
Al
loro arrivo dovevamo farli sentire a casa, con visite di cortesia nel loro
nuovo appartamento e facendo conoscere loro le persone del paese. Dopo un mese
di accoglienza è giusto dire che una partecipazione così importante (da parte
dei volontari, ma soprattutto da parte delle comunità ospitanti) era
imprevedibile, tanto che quotidianamente ricevono visite di persone locali che
si possono dire loro amici. Nel frattempo tutti i bambini vanno già a scuola da
un paio di settimane e a Brescello è nato un bambino, Khaled. Ha una settimana.
E’ il segno concreto della rinascita ad una vita nuova, lontana dalla Guerra.
Qui termina il racconto
di Mattia. Sottolineo solo alcuni concetti: collaborazione, accoglienza,
partecipazione. Il progetto dei Corridoi Umanitari non è lo sforzo di un
singolo ma un complesso lavoro di rete, che parte dai contatti con le Istituzioni
Europee per arrivare poi a Brescello e Novellara. Mattia è un ragazzo d’oro (lo
scrivo pur non conoscendolo di persona), ma grazie a tanti Mattia, a tante
persone che nel loro piccolo collaborano insieme è possibile costruire un Mondo
Nuovo, un futuro migliore, è possibile portare la Liberazione nella vita di
Khaled e nei tanti bambini che nasceranno.
Mario Scelzo
Commenti
Posta un commento