I Corridoi Umanitari, la tenerezza di Papa Francesco ed un PNRR dei Borghi Italiani.

Ieri ho vissuto un privilegio, quello di partecipare in Aula Nervi in Vaticano all’Udienza di Papa Francesco dedicata ai Corridoi Umanitari, momento in cui il Santo Padre ha incontrato sia i profughi arrivati in Italia attraverso tale sistema, sia le famiglie che li accolgono. Non mi dilungo sulla giornata, è pieno di articoli in rete e sul Sito della Comunità di Sant'Egidio trovate tutti gli interventi, vorrei proporre alcune riflessioni che tale giornata mi ha suscitato. 




L’udienza è iniziata alle 11.30 ma io ero nei pressi di Piazza San Pietro a partire dalle 8.00, ed ho aiutato, in quanto volontario della Comunità di Sant’Egidio, ad organizzare ingresso delle migliaia di persone presenti. Ecco, migliaia, perché come ha ricordato Daniela Pompei, “anima creativa” dei Corridoi Umanitari, sono ormai 6.080 le vite umane salvate dal 2016, giunte in Europa legalmente, arrivate soprattutto in Italia, ma poi in Francia, in Belgio e un limitato numero nel principato di Andorra e a San Marino. Insieme a loro, il vasto mondo dell’accoglienza: singole famiglie, parrocchie, associazioni, gruppi scout, membri di realtà e comunità ecclesiali.

Davanti a me ha sfilato (in attesa dei rigidi controlli di sicurezza) un popolo, misto, variegato, gioioso e bello. Dai sorrisi vitali di tante giovani mamme, ai volti sereni di tanti papà felici di aver regalato un futuro ai propri figli. Dalle donne ucraine avvolte nelle loro bandiere, ai tanti gruppi parrocchiali capeggiati da un sacerdote o da un animatore. Tutti eleganti, tutti sorridenti, tutti emozionati e grati per questo invito ricevuto, direbbe il Commissario Montalbano, da Sua Santità di persona personalmente.

Aula Nervi piena, entra il Santo Padre. Dopo i discorsi introduttivi di Daniela Pompei per la Comunità di Sant’Egidio e di Daniele Garrone (Presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche), alcune testimonianze, dalla Siria, dalla Libia, da parte delle famiglie accoglienti. Poi, le parole di Bergoglio.




Ho fatto molta attenzione al volto del Santo Padre. Serio, gravoso, commosso nel ricordo delle vittime dei tanti naufragi in mare, un discorso di altissimo profilo che vi invito a leggere, il volto del Papa si è poi pian piano trasfigurato (guardate la Fotogallery sul sito della Comunità di Sant’Egidio) nell’incontro e nel lungo abbraccio con i profughi. Il Papa, seppur in carrozzina, non si è sottratto all’abbraccio con il popolo, anzi, al termine di una udienza tutto sommato breve ha dedicato almeno venti minuti ai saluti, facendosi condurre dai suoi collaboratori nel saluto alla folla. Qui, lo potete vedere, un volto allegro, sereno, amichevole, affettuoso, il Santo Padre ha ricevuto ben volentieri lettere e regali, ma non si è affatto scandalizzato, anzi ne era ben contento, quando alcune mamme gli hanno letteralmente lanciato i loro figli. Un bambino ha anche regalato al Santo Padre un pupazzetto di Spider-Man. Il Papa si sentiva a casa, in mezzo alla sua famiglia, e non credo di dire nulla di azzardato se affermo che Bergoglio si trova più a suo agio in mezzo ai profughi che tra le beghe della Curia.

C’è un secondo aspetto che vorrei sottolineare, ovvero che dovremmo essere capaci di trasformare l’immigrazione da “problema” a “risorsa”. Il nostro Paese, ci fosse una classe politica lungimirante, non dovrebbe respingere gli immigrati ma dovrebbe andarli ad accogliere in aeroporto col tappeto rosso, dopo avergli pagato il costo del volo ed avergli offerto ostriche e champagne durante il viaggio. Recentemente Lollobrigida, ministro per le politiche agricole nonché cognato del premier Meloni ed uomo forte di Fratelli d’Italia, ha parlato di necessità di forza lavoro immigrata nel settore agricolo. Il ministro ha parlato di mezzo milione di lavoratori, poi ha leggermente ritrattato sulla cifra, ma comunque ha evidenziato delle richieste che arrivano dalle associazioni di settore.

Ora, io mi rendo conto che, a titolo esemplificativo, non è facile accogliere ed integrare 5.000 immigrati senza lavoro a Scampia e Tor Bella Monaca, ed infatti esperienze simili sono fallimentari. Qui dovrebbe entrare in gioco la capacità politica: in Italia abbiamo centinaia di borghi splendidi ma moribondi, terre appenniniche sempre più svuotate di linfa vitale. Amo girare per i borghi del nostro Belpaese, personalmente mi rilassa, riscopro la natura, assaggio le prelibatezze del territorio, ma sempre più spesso vedo, tolte alcune mete turistiche, paesi svuotati e case abbandonate. Se vi fermate in una qualsiasi piazza di un paesino dell’Appennino italiano, troverete 20 anziani seduti su qualche panchina, e faticherete a vedere un bambino. Recentemente sono stato a Belmonte in Sabina, aria pura, boccate di ossigeno e di bellezza ad un’ora dal caos di Roma, poi mi fermo per cercare un bar e….niente bar, neanche un ristorante. Ora, come si può essere attrattivi se mancano i servizi essenziali? Nella vicina Rocca Sinibalda, se non ricordo male, a fatica resiste una scuola elementare ma già per frequentare le medie bisogna fare 10 km. In macchina. Quante case disabitate (e probabilmente anche pericolanti causa terremoti) ci sono nei paesini abruzzesi, ciocari o molisani? Case che magari i proprietari, oggi in Argentina eredi di nonni immigrati, neppure sanno di possedere? Perché non pensare allora ad un PNRR dei Borghi, magari incentivando anche l’arrivo di famiglie immigrate con figli per ridare vita a questi territori?

 

Mario Scelzo

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