Giornata mondiale della Terra, Intervista Mons. Di Donna - Vescovo di Acerra (ASSISI 23/04/2021)
A
breve saranno sei anni dalla pubblicazione dell’enciclica “Laudato si’”, a suo parere quanto il messaggio del Papa è stato
recepito dalla Chiesa italiana e cosa sarebbe necessario fare per dare
concretezza alle esortazioni del Santo Padre?
«Indubbiamente l’enciclica ha accresciuto
la sensibilità di tutti verso la salvaguardia del creato. Per noi che viviamo
nei territori tra Napoli e Caserta – sorvolando i quali lo stesso Papa
Francesco ha rivelato di aver ricevuto l’ispirazione definitiva per scrivere
quel profetico documento – è stata una conferma che il nostro impegno andava
nella direzione giusta e una spinta a proseguire su quella strada con fiducia.
Certo, almeno nei primi tempi, quel pronunciamento del Pontefice ha avuto quasi
maggiore presa sul mondo laico piuttosto che su quello ecclesiale. Eppure, il
Convegno celebrato dalla Chiesa italiana lo scorso 17 aprile ad Acerra ha
segnato una svolta: la custodia della nostra Casa comune è compito dell’intero
Paese, e in particolare di tutta la comunità ecclesiale nazionale. Davanti a
noi pastori c’è adesso la sfida di veicolare questa sensibilità attraverso il tessuto
della vita ordinaria delle parrocchie, perché la profezia della “Laudato si’” e la custodia del creato non
siano appannaggio di elite ecclesiali
ma un impegno del “popolo” dei credenti».
Come
educare i più piccoli al tema della sostenibilità ambientale? Quali le
iniziative, le “buone pratiche” da proporre alle famiglie ed alle realtà
parrocchiali che quotidianamente lavorano con i più piccoli?
«Come Conferenza episcopale campana, in
particolare le 10 diocesi comprese tra Napoli e Caserta, abbiamo ascoltato il
grido del popolo ferito dall’inquinamento ambientale, specialmente delle
famiglie dei giovani morti per cancro. Da qui è partito un cammino di
educazione alla custodia del creato che ha segnato diverse tappe sull’intero
territorio regionale. Uno dei momenti più significativi di questo percorso è
stato l’incontro svoltosi il 14 gennaio a Teano, in provincia di Caserta, con
quasi 500 sacerdoti e diaconi di tutte le diocesi campane. E’ tempo che questo
tema diventi una delle priorità pastorali, e passi nella predicazione. Un altro
obiettivo del nostro cammino è l’elaborazione di un sussidio di catechesi ad hoc per bambini e ragazzi, ma anche
gli adulti e le famiglie vanno formati in questo senso. Ad Acerra è ormai
tradizione coinvolgere i nostri ragazzi sul tema della custodia del creato durante
il tradizionale Convegno annuale ecclesiale con attività laboratoriali e catechetiche,
e visite alle imprese agricole del territorio.
Monsignor
Di Donna, lei ha recentemente affermato che la “Terra dei fuochi non è un luogo
ma un fenomeno vasto e diffuso nel Paese”, può spiegarci meglio il senso di
queste sue parole?
«Dal Convegno nazionale ad Acerra, di cui
la Conferenza episcopale campana è stata promotrice insieme alla Cei, è nata la
necessità di un coordinamento delle 78 diocesi italiane nei cui territori
insistono i Siti di interesse nazionale censiti dal ministero della Transizione
ecologica per inquinamento dell’ambiente. Noi delle terre comprese tra Napoli e
Caserta abbiamo fatto in un certo senso da apripista, ma si pensi alle mamme
coraggio di Vicenza e alle acque contaminate che avvelenano il sangue dei loro
figli o ai territori inquinanti di Brescia. Al Convegno del 17 aprile sono
state proposte testimonianze in tal senso da tutte le diverse zone d’Italia,
perché l’inquinamento è, ahimè, diffuso in maniera uniforme tra Nord, Centro e
Sud, e tutti dobbiamo rispondere a quella chiamata “nominale” di cui ha parlato
il cardinale Gualtiero Bassetti in apertura dei lavori. E poi c’è da dire che
lo stesso inquinamento della nostra tanto vituperata “Terra dei fuochi” è
dovuto all’interramento dei rifiuti tossici provenienti dalle grandi aziende
del Nord, con la complicità della malavita e di qualche politico locale».
Nello
specifico della sua diocesi, quale è la situazione attuale? La ribalta
mediatica (penso ad esempio alla fiction Rai “Io non mi arrendo” interpretata
da Beppe Fiorello) ha aiutato a far conoscere all’opinione pubblica la realtà
della Terra dei Fuochi.
«Uno dei frutti più importanti del cammino
compiuto in questi anni è la sensibilità cresciuta in tutta la popolazione.
Nelle nostre diocesi e città sono nati tanti comitati e associazioni. A noi è
toccato l’onere di scoprire la pentola dentro la quale ribolliva lo scempio
delle nostre terre per l’incuria e la criminale irresponsabilità di chi le
saccheggiava. Adesso è il momento di fare un salto di qualità. Sono convinto
che dal dramma dell’inquinamento ambientale non si esce se non insieme:
Cittadini, Comitati, Associazioni, Chiesa e Istituzioni. Dobbiamo imparare ad
andare oltre i protagonismi e remare tutti nella stessa direzione, collaborando,
e magari continuando a denunciare laddove è necessario. E’ nostro auspicio proseguire
sul terreno di quel grande momento pubblico del settembre 2015, quando proprio
ad Acerra i Cittadini e le Associazioni, aiutati dalla Chiesa, hanno dialogato
con le Istituzioni sul tema della salute, dell’ambiente e dell’agricoltura».
Recentemente
Legambiente ha proposto di investire alcune delle risorse del Recovery Plan in 10 opere-faro per la
Transizione ecologica. Lei è d’accordo con questa proposta? In generale, si
sente di dare dei suggerimenti in tema ambientale ai nostri governanti?
«Indubbiamente, con le risorse in arrivo
non si può più pensare di rinviare all’infinito le bonifiche dei territori
inquinati del Paese e la riconversione di impianti e siti. In questo senso è
stato illuminante l’intervento al Convegno di Acerra del vescovo di Taranto
monsignor Filippo Santoro. Non possiamo più aspettare, i soldi vanno investiti
per progetti che siano di vero sviluppo del nostro territorio, che sappiano
conciliare il principio inderogabile del rispetto della vita e della dignità
della persona con il diritto al lavoro. Bisogna tenere conto delle vocazioni
autentiche dei territori e investire in quella direzione. Da noi in particolare
non si può pensare di custodire l’ambiente e il creato senza un rilancio
effettivo e concreto della nostra agricoltura, perché solo blindando il
territorio intorno alla sua naturale vocazione, favorendo la nascita di imprese
agricole e aiutando i giovani ad investire e ad innamorarsi di nuovo del lavoro
della terra, possiamo sperare in un futuro dove regni armonia tra Dio, l’uomo e
la natura».
Mario Scelzo
https://www.sanfrancescopatronoditalia.it/notizie/societa/mons-di-donna--terra-dei-fuochi-fenomeno-vasto--51417
Commenti
Posta un commento