Paglia: Istituti per Anziani, un modello da superare
L'intervista al presidente della Pontificia accademia per la vita
“Dobbiamo promuovere una vera riforma: ossia un sistema di servizi che sappia muoversi verso gli anziani, presso le loro case, per valutarli e curarli, per inserirli in programmi di prevenzione, inclusione sociale, lotta alla solitudine, telemedicina, sostegno domestico vero e non camuffato. E da subito!” Si deve traversare una volta per tutte, quella sottile ma profondissima linea di demarcazione che vorrebbe i nostri anziani espulsi dal tessuto sociale, familiare e domestico, per concentrarli in quei ‘non luoghi’ rappresentati dagli istituti, secondo un malinteso senso della loro custodia e tutela che tanti danni ha fatto sinora”. Questa esortazione fa parte di un pubblico appello inviato al Premier Mario Draghi da Monsignor Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita e, dal 21 settembre 2020, Presidente della Commissione Assistenza Anziani istituita dal Ministro della Salute Roberto Speranza. Monsignor Paglia ci ha gentilmente concesso una intervista, nel corso della quale abbiamo approfondito i temi legati alla pandemia, alla fragilità sociale, al ruolo della Chiesa in questa difficile fase storica.
Monsignore, quali i
cambiamenti che la pandemia ha portato nelle nostre vite quotidiane?
Questa pandemia ci ha fatto improvvisamente scoprire non solo
che siamo legati gli uni agli altri ma che siamo tutti fragili e quindi è
indispensabile creare una nuova cultura della fraternità, della cura
vicendevole, della preoccupazione gli uni per gli altri. In questo senso c’è
come da riscoprire l’urgenza di una sensibilità, di una scelta della fraternità
che deve attraversare tutti i diversi ambiti, quello politico, economico,
sociale e perfino religioso, proprio perché nessuno può più dire la mia libertà
finisce quando finisce la tua, oppure io non ho bisogno degli altri. La
pandemia ha sconfitto radicalmente l’individualismo e ci obbliga a riscoprire
una fraternità universale.
Quali sono secondo lei
le categorie principalmente colpite dalla pandemia?
I primi ad essere colpiti in maniera drammatica sono le
persone più fragili, loro purtroppo hanno pagato il prezzo più alto di questa
drammatica epidemia, e vorrei soffermare la mia attenzione sul perché è
avvenuto questo partendo dalle persone più avanti negli anni. Il dramma degli
anziani svela una radicale contraddizione della società, che per un verso
allunga la vita, per un verso non aiuta a mantenerla nelle migliori condizioni,
in questo senso invito, particolarmente i credenti, a riscoprire il senso più
profondo del quarto comandamento, quello che recita onora il padre e la madre:
questo comandamento, che è stato in genere riferito ai bambini piccoli rispetto
ai genitori, in realtà era un comandamento che parlava agli adulti perché
rispettassero i loro genitori anziani, tanto che si arriva a dire rispetta tuo
padre e tua madre anche quando perderanno il senno.
Può dirci qualcosa di
più specifico rispetto al lavoro della Commissione sulla Assistenza agli
Anziani di cui è Presidente?
La commissione istituita dal Ministro Speranza ha il compito
di ripensare in maniera globale l’assistenza agli anziani nel nostro paese, far
vivere agli anziani con serenità gli ultimi anni della propria vita, questo
vuol dire in concreto ridare centralità alla assistenza domiciliare degli
anziani, perché essi continuino a vivere nell’ambiente dove sempre hanno
vissuto riscoprendo la forza sia dei legami familiari sia dei legami sociali.
Secondo un recente rapporto di Amnesty International, durante la pandemia 1
anziano su 5 in Italia è deceduto all’interno delle RSA, questo ci porta a dire
che, al di là delle responsabilità o dei meriti dei singoli, è il sistema
complessivo delle residenze ad aver mostrato una scarsa resilienza e tenuta di
fronte all’evento epidemico. L’apposita Commissione per la riforma dell’assistenza
agli anziani, istituita dal Ministro della Salute, che mi onoro di presiedere
ha elaborato in questi mesi, una sostanziale riforma, da attuare con i fondi
europei del Recovery Plan, che sposti l’asse dalla assistenza residenziale alle
case degli anziani, vero luogo di cura e prevenzione, ma vorrei anche dire vero
luogo di vita per i nostri vecchi.
Tra le tante, può
segnalarci una proposta concreta per operare questo “cambio di prospettiva”
rispetto alle persone più anziane?
Attualmente, le ore medie annuali erogate per gli anziani
bisognosi sono solo 18, una parvenza di assistenza domiciliare, se non
un’offesa! Per questo la Commissione propone di decuplicare tale valore perché
almeno mezzo milione di anziani possa essere assistito nella propria dimora con
un minimo di 20 ore al mese (è davvero un minimo!), cui andranno ad aggiungersi
gli aiuti di carattere domestico socioassistenziale nei (molti) casi richiesti.
Passando finalmente ad un modello vero di cure presso il proprio domicilio,
dove si potrà innestare una azione di telemedicina. Il progetto allo studio
prevede di seguire i 4 milioni di ultraottantenni italiani in una opera
virtuosa di valutazione delle necessità, prevenzione e lotta alla solitudine,
perché nessuno sia lasciato indietro e abbandonato. Ripeto, abbiamo a
disposizione i fondi del Recovery Plan, spendiamoli in progetti efficaci!
Vorrei chiedere ora non
al Presidente della Commissione, ma al pastore delle anime, una riflessione
sugli effetti della Pandemia sulla popolazione giovanile.
La pandemia ha sconvolto la vita dell’intera società, una
vita basata su un individualismo generalizzato, ciascuno alla ricerca dei
propri interessi, della propria realizzazione, del proprio tornaconto, mentre
la fragilità di cui abbiamo parlato si abbatte su tutti, in particolare sulle
categorie più deboli, ho parlato degli anziani ma anche sui disabili e sui
bambini, in questo senso lo sconvolgimento dell’esistenza dei piccoli come
degli adolescenti ha trovato la società impreparata. Grazie a Dio la presenza
delle famiglie ha attutito un impatto ancor più lacerante, ma non c’è dubbio
tuttavia che tra i disagi dell’abbandono scolastico e quelli di una solitudine
accentuata e l’incapacità di una società di essere madre e padre ma piuttosto
matrigna ha come messo a soqquadro la dimensione di relazionalità così decisiva
nella vita dei piccoli e dei giovani, è infatti preoccupante il tasso di
suicidi adolescenziali o anche il numero di ragazzi che si chiudono nella
solitudine delle loro stanze, certamente più connessi ma meno solidali verso il
prossimo.
In conclusione le
chiedo una parola sul ruolo che può avere la Chiesa in questo tempo così
complesso.
La Chiesa ha un compito enorme in questa situazione, questo
vale per tutte le età. In questo senso deve cogliere il kairos (dal greco, il momento opportuno) di
questa situazione, proprio perché nella chiesa la relazione prevale sempre
sull’abbandono, la cura prevale sempre sul disinteresse, è una opportunità
enorme perché la chiesa manifesti in un mondo sempre più ferito la forza della
misericordia, nel senso che, come Papa Francesco ci mostra, è il tempo della
misericordia soprattutto verso i più deboli e verso i più piccoli, e
misericordia vuol dire prendersi cura, ossia chinarsi, commuoversi, dare le prime
cure e sollecitare una società che sia solidale.
Mario Scelzo
Assisi 21/03/2021
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