In memoria di Massimo Amicosante.

Vi avviso subito, questa storia non ha il lieto fine. Mi scuso inoltre in anticipo per le inesattezze nel campo medico/scientifico dovute alla mia direi nulla competenza in materia. Purtroppo, la persona di cui vi parlerò è recentemente venuta a mancare in seguito ad un tragico e banale incidente casalingo, e vorrei dire quasi mi scuso di parlare di Massimo Amicosante all’interno di un Blog che si occupa di Buone Notizie. Eppure, non riesco a ricordare Massimo senza averne il ricordo di una persona serena, competente, impegnata col proprio lavoro a contribuire ai progressi della ricerca scientifica. Son certo che i frutti del suo lavoro ne porteranno tante di Buone Notizie, saranno questi frutti l’eredità che egli lascia alla collettività.





Ho conosciuto il Dottor Massimo Amicosante nel corso del mio ultimo viaggio in Mozambico, avvenuto lo scorso mese di Agosto. Sono da anni un volontario della Comunità di Sant’Egidio e quando ne ho l’opportunità mi reco in Malawi o in Mozambico per aiutare la Comunità nella realizzazione dei suoi numerosi progetti, che spaziano dalla assistenza agli anziani alla scolarizzazione dei bambini, alla lotta all’Aids culminata nel Programma Dream al lavoro con i bambini di strada.

Per farla breve, ad Agosto eravamo a Maputo circa 10 persone, alcune particolarmente impegnate nel lavoro per Dream, altre come me occupate principalmente nelle attività del Centro Nutrizionale di Matola, una struttura dove ogni giorno oltre 500 bambini del quartiere disagiato di Matola hanno la possibilità di pranzare ma soprattutto di passare alcune ore in uno spazio accogliente e protetto.
Prima di partire, avevo ricevuto una telefonata da Marta, dell’ufficio centrale di Dream, che mi chiedeva di portare con me in aereo del materiale sanitario necessario ad una sperimentazione scientifica da effettuare a Maputo. Viaggio quindi da Roma a Maputo con del materiale per me “ignoto”, accompagnato da una bolla firmata dal Dottor Massimo Amicosante, ricercatore (scusatemi la sintesi, magari era professore associato, emerito etc…) di Tor Vergata ed in particolare responsabile del progetto in questione, legato alla Tubercolosi. 



(Nella foto, il laboratorio di Biologia Molecolare di Maputo, al secondo piano del "Centro Para a Crianca". Questo il luogo dove Massimo ha passato gran parte del suo tempo a Maputo.)


La sera solitamente, dopo una giornata di lavoro, tra volontari si esce per mangiare una pizza, un hamburger, o le lulas (calamari) grelhadas, e faccio così la conoscenza di Massimo. Ho un ricordo preciso del nostro primo incontro: noi a bere una birra, comunque intenti a rilassarci, lui, se non sbaglio arrivato la mattina dopo un volo intercontinentale, al tavolo della pizzeria col computer portatile, costringendo il povero Dottor Fausto (per capirci, il suo referente di Sant’Egidio per la sperimentazione in questione) ad una “cena di lavoro”. A fine cena ricordo di essermi presentato come, consentitemi la battuta, il “pusher” che aveva trasportato alcune delle provette necessarie alla sua sperimentazione.

Quando ci si trova dall’altra parte del mondo a lavorare insieme, o comunque per la stessa causa (di giorno lavoravamo in ambiti diversi), pur non conoscendosi ci si sente in qualche modo legati, direi amici anche se il tempo passato insieme è stato forse troppo breve per considerarci tali. In pratica, nei 10 giorni circa che abbiamo passato insieme a Maputo il “Dottor Amicosante” era diventato per il resto della compagnia semplicemente Massimo, un medico competente, un gran lavoratore, una persona con la quale bere volentieri una 2M (la birra migliore di Maputo) ma allo stesso tempo io lo definirei un “divulgatore”. Ricordo in particolare una cena, nella quale io, che di medicina ne capisco quanto Gianluigi Buffon capisce di astrofisica nucleare, gli ho chiesto di spiegarmi “cosa stavano facendo”. Bene, Massimo si è messo lì e con pochi ma semplici esempi mi ha spiegato l’obiettivo della sua ricerca, volta sostanzialmente a preparare delle analisi contro la tubercolosi a prezzi irrisori.





Capite da soli l’importanza, per paesi come il Mozambico, di poter effettuare lo stesso test al costo di 3 euro e non di 30. In sintesi estrema, e credo qualche medico accuserà un malore nel leggere la mia rozzissima analisi, un costo minore delle analisi è il primo passo per contrastare la malattia in questione. Ricordo anche che, incalzato dal mio animo “giornalistico”, Massimo si era lasciato scappare che, pur essendo dati grezzi ed ancora legati all’inizio della sperimentazione, c’erano elementi molto interessanti che lasciavano ben sperare per il futuro della ricerca in questione.

Ci tengo a sottolineare una cosa. Pur avendo passato gran parte del suo tempo a Maputo chiuso in laboratorio, autoimponendosi ritmi di lavoro intensi (se non sbaglio, al lavoro anche di Domenica), Massimo non è stato affatto estraneo al resto delle nostre attività, è stato nei giorni di Maputo uno “di Sant’Egidio”. Lo ricordo aver partecipato con noi sia alla preghiera comunitaria, sia alla distribuzione della cena ai bambini di strada che la comunità realizza ogni giovedì al termine della preghiera. Lo ricordo interessato ad ascoltare i racconti provenienti dal Centro Nutrizionale, ma anche incuriosito dal lavoro che due giovani registi stavano svolgendo per realizzare un documentario sulle attività di Dream.

Quando Fausto mi ha chiamato per darmi la triste notizia non ci volevo credere. Mi piace ricordarlo con le parole di Renato, uno degli altri volontari che ha conosciuto Massimo, che mi ha consolato con queste parole: “….Si, ho saputo, una notizia terribile! La morte lo ha colpito a tradimento, spezzando la vita di un uomo che lavorava per il bene e stava facendo tante cose buone! Mi consola il ricordo del suo volto sorridente e contento per il lavoro che stava facendo”.

Ciao Massimo. 

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